Introduzione
La naturale tendenza artistica del mio grande Amico Mario si rivela chiaramente nei suoi primi disegni, che eseguì da ragazzo, mentre era ancora uno studente di scuola media. Mario Passeri
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Nota dell’Autore
a cura di Laura Campanacci e Giuliana Goidanich
Mario Campanacci è nato a Parma il 13 gennaio 1932. Aveva un talento naturale per il disegno, ma iniziò come autodidatta. A undici anni aveva illustrato con disegni semplici e naif che lasciavano intuire la sua mano promettente un “romanzo” di cappa e spada che aveva scritto ispirandosi a “I Tre Moschettieri”.
All’età di quattordici o quindici anni, e fino alla fine del liceo, a Parma, ha frequentato saltuariamente lo studio di un insegnante di pittura, scelto credo perché abitava vicino a casa sua nell’oltretorrente. Desiderava perfezionarsi nel disegno e, soprattutto, imparare a usare i colori ad olio, voleva dipingere.
Quando la famiglia si è trasferita a Bologna ha continuato a dipingere saltuariamente e senza nessuna guida fino alla fine dell’università.
Purtroppo lo studio e il lavoro l’hanno completamente assorbito senza lasciargli il tempo sufficiente per coltivare la sua passione. I dipinti di questo periodo sono molto scolastici e attenti al particolare.
Ha ripreso i pennelli in mano molto più tardi, dopo gli anni ’70, sollecitato dalla signora Emmalisa Senin, grandissima pittrice, purtroppo poco conosciuta, mamma di una nostra carissima amica, Angiola Descovich. La Signora Maestra, come lui la chiamava, aveva uno stile “impressionistico”, e lo sollecitava a usare pennellate veloci e soprattutto a non avere ripensamenti, il che contrastava col carattere di Mario: era per indole un perfezionista, pretendeva moltissimo da se stesso e metteva il massimo impegno in qualsiasi attività intraprendesse. Non si sentiva mai completamente all’altezza.
Nel disegno e nella pittura, quindi, cercava la perfezione, poneva l’attenzione al minimo particolare; studiava e si applicava cercando di raggiungere il risultato migliore. Questo era però il “difetto” che la Signora Maestra cercò da subito di correggere.
Dipingevano insieme nello studio di Lei o all’aperto, in campagna o in montagna. Per Lui erano momenti di completa beatitudine, e seguendo i consigli dell’amata Maestra ha alleggerito i tratti del pennello ottenendo ottimi risultati.
E’ stato un percorso lungo ed a ostacoli che però l’ha condotto a realizzare opere sempre migliori.
Nel suo tempo libero, oltre a studiare i Classici della letteratura e della musica, dipingeva. Paesaggi di luoghi di villeggiatura, della collina bolognese o dei viaggi in città d’arte; ritratti della moglie Giuliana, dei figli Marco, Laura ed Andrea, di amici e parenti.
Ha ritratto la figlia quando costretta a letto per un’influenza, o addormentata al sole, o china sui libri di Anatomia.
Nel 1990 gli fu commissionato un dipinto per una cappella sconsacrata di una antica villa nella campagna bolognese. Fiero ed onorato, prese da subito molto seriamente il lavoro.
Dopo una lunga ed attenta ricerca bibliografica ed iconografica, cercò i soggetti tra noi familiari. Per rendere la gravità del corpo di Cristo sulla Croce fece una fotografia del figlio Andrea sostenuto dalle braccia dai fratelli saliti in piedi sul tavolo della cucina.
La moglie scoppiata in lacrime a causa di una delle tante “nefandezze” dei figli non venne consolata, ma immortalata perché sarebbe stata perfetta come soggetto per la Madonna in lacrime sotto alla Croce. E dopo diversi provini su carta nacque quello che lui considerò sempre il suo capolavoro: “L’Andrea Crocifisso”, una tela ad olio di 1,5 x 3,5 metri.