Mario Sanguinetti
A chi come me ama la pittura e specialmente quella antica, capita abbastanza spesso di innamorarsi di una nuova immagine pittorica vista in qualche mostra o in una galleria o semplicemente su di un catalogo. Naturalmente non si tratta mai di capolavori arcinoti di autori celebri, ma del resto si sa che la bellezza sta negli occhi di chi guarda! Talora questo "innamoramento" si accompagna al desiderio di un impossibile possesso di quell'opera ed è allora che sono preso da una forte voglia di copiarla, di riprodurla perché, cosi facendo, mi sembra che diventi un po' più mia. E' proprio questo che mi è capitato quando ho visto per la prima volta le immagini che qui vi propongo (in copia!).
1) Questo quadretto (cm 22,2x28,3) la cui riproduzione fotografica ho trovato su un catalogo, mi è subito molto piaciuto. Si tratta di un dipinto su rame attribuito a Filippo Pedrini, un pittore bolognese a me sino a quel momento sconosciuto, vissuto a cavallo tra sette e ottocento (1763-1856). Spinto poi a documentarmi un po’ su di lui, ho scoperto che fu fin da giovanissimo uno dei migliori allievi dei fratelli Ubaldo e Gaetano Gandolfi (questi sì li conoscevo!) e che ebbe una brillante carriera in seno all’Accademia Clementina dapprima come allievo infine come direttore. Filippo Pedrini diede il meglio di sè nelle decorazioni “a fresco” di diversi palazzi e ville nobili di Bologna eseguite negli ultimi due decenni del settecento: in casa Malvezzi (ora rettorato dell’Università), nei palazzi Pallavici, Tanari ed Hercolani, e nella villa Mazzacurati. Si tratta per lo più di soggetti mitologici (alcuni dei quali ho potuto vedere), dipinti con grazia usando un linguaggio spiritoso, elegante e cromaticamente vivace in piena sintonia con la cultura nostrana e veneta contemporanea. Con l’inizio del nuovo secolo muta il clima culturale e Pedrini stenta ad adeguarsi al gusto neoclassico vivendo, secondo la critica, un periodo meno produttivo e fortunato. Questo non sorprende perché quando, per seguire la moda, si tradiscono il proprio gusto e la propria vocazione più genuina, difficilmente si produce qualcosa di buono! Il quadretto in questione appartiene sicuramente al primo periodo poiché mi sembra in tutto e per tutto settecentesco pur senza avere nulla di quella leziosità un po’ stucchevole che ha certa pittura frivola e galante del settecento, alla Boucher per intendersi. Venere tiene un fiore nella mano destra e si offre, seminuda e semisdraiata, all’omaggio degli zefiri che la proteggono dal sole con un drappo e lasciano piovere altri fiori sul suo capo mentre Cupido bendato le si accoccola vicino come un cucciolo e impugna una delle temibili frecce. Il soggetto mitologico è trattato con grazia e malizia insieme, e sembra quasi essere una scusa per mostrare un corpo femminile formoso e provocante che somiglia più a quello di una odalisca che a quello di una dea. Forse è proprio per questo che mi è piaciuto quando ho deciso di copiarlo!
Figura 1 - Venere e Cupido dipinto pubblicato sul catalogo della galleria Fondantico di Bologna relativo a una mostra del 2017, presentata come opera inedita e attribuita dal curatore della mostra Daniele Benati a Filippo Pedrini, pittore bolognese vissuto a cavallo tra Settecento e Ottocento
2) Il prorompente “lato B” di questa bagnante ha un impatto visivo così forte che ha meritato l’onore della copertina sul catalogo di una bella mostra allestita alla Galleria d’arte moderna di Bologna nel 2004 e dedicata interamente al nudo. Si tratta di uno dei molti nudi femminili dipinti da Theodore Chassériau tra il 1835 e il 1849. Questo pittore, che non è certo uno dei più noti e celebrati dell’ottocento romantico francese, era nel 1819 nella repubblica dominicana ma già tre anni dopo si era trasferito con la famiglia a Parigi. Appena undicenne era entrato nell’atelier di Jean-Auguste Dominique Ingres conquistando l’ammirazione del maestro che lo ribattezzò il “Napoleone della pittura”. In realtà lo stile e il gusto dell’allievo si allontaneranno sempre più da quelli del maestro; in particolare, nella raffigurazione dei nudi femminili Chassériau dimentica del tutto il castigato classicismo di Ingres per accostarsi alla sensualità romantica di Delacroix; una strada quella del romanticismo che sarà superata dal suo coetaneo Courbet, anch’egli celebre pittore di nudi ma etichettato dalla critica come “realista”. Ma Théodore Chassériau fu pittore eclettico e molto prolifico nonostante la sua breve vita. Fu apprezzato dai contemporanei non solo per i nudi femminili, ma anche per i molti bellissimi ritratti, per i dipinti di tema storico e religioso (molto in voga all’epoca) e per quelli di ambiente orientale a cui si dedicò negli ultimi anni di vita dopo i viaggi in Algeria. Morì a Parigi nel 1856 a soli 37 anni. “La bagnante” è un olio su tela dipinto nel 1842: in un contesto boscoso appena accennato, la figura emerge dai suoi panni preziosi come un pistillo rigoglioso dalla corolla di un fiore e, nell’atto di asciugarsi il collo dopo il bagno, inclina il capo indietro e in basso. Pur senza volgere lo sguardo verso lo spettatore, emana un senso di maliziosa impudicizia come se sapesse di essere guardata mentre i lunghi capelli neri con il ricciolo sull’occhio destro e i gioielli che indossa le danno un’aria “spagnoleggiante”... chissà chi fu la modella! Devo confessare che la voglia di copiare questa bagnante mi è venuta perché oltre alla maestria pittorica dell’esecuzione, mi ha sedotto l’opulenza del “fondoschiena”.
Figura 2 - La bagnante, dal catalogo della mostra “ Il nudo tra ideale e realtà” tenutasi a Bologna nel 2004. Il quadro si trova nella Neue Pinakothek di Monaco di Baviera
3) Questa è la mia copia di un quadro bello e misterioso: bello (l’originale beninteso!) perché è di grande qualità pittorica e perché la bella donna che vi è rappresentata, misterioso perché io non sapevo (e non lo so neppure oggi) chi sia l’autore del dipinto. La mia copia deriva da una riproduzione fotografica pubblicata su una rivista, senza alcun riferimento né sull’autore, né sul titolo o sulla sede del dipinto. L’articolo corrispondente però era intitolato “Una giornata con Sgarbi” e quindi il quadro potrebbe far parte della sua collezione. Non importa! Si tratta certamente di un’opera che risale agli anni ’20-30 del novecento: una giovane donna si sta ammirando allo specchio e consapevole della sua bellezza assume una posa deliziosamente narcisistica: inclina il capo verso destra e solleva un po' il mento, mentre con le braccia ripiegate in alto sposta i capelli ramati per meglio vedere l’effetto dei suoi orecchini di perle, Questi del resto, insieme ad un piccolo diadema, sono le uniche cose che indossa. Le sue forme toniche ed eleganti, modellate alla luce, sono rese con materia pittorica densa e corposa quasi in rilievo e l’ombra azzurra sul fianco destro ricorda la tecnica divisionista. Dietro di lei in basso si intravvedono gli indumenti che indossava (o che ha appena tolti?) e dalla penombra dello sfondo emergono appena arredi di pregio. L’insieme evoca magistralmente l’atmosfera di un interno alto borghese di un secolo fa. Questi tre dipinti appartenenti a tre secoli successivi testimoniano, insieme a moltissimi altri, la fortuna che il nudo femminile ha continuato ad avere in pittura, dall’antichità sino a tutto il novecento. Sembra invece che questo soggetto sia stato quasi del tutto dimentico dalla pittura contemporanea... ma non dalla fotografia!
Figura 3 - Copia da una riproduzione riportata sulla rivista A&S arte e sensità
4) Come si può vedere, questa quarta ed ultima immagine deriva da una fotografia (credo di Mario Testino) e non, come le altre, dalla fotografia di un dipinto. Una giovane donna siede nuda sulla sabbia di una spiaggia in una posa che nasconde pudicamente gran parte della sua nudità. I suoi lunghi capelli sembrano intrisi di salsedine mentre dietro di lei biancheggia la risacca dell’oceano. L’immagine è “costruita”, probabilmente la modella si è messa in posa seguendo le istruzioni del fotografo, ma la sua figura è elegante e la sua espressione lievemente malinconica; non ha certo la volgarità di una pin-up da cartolina o da calendario! Potremmo intitolarla “nascita di Venere 2000”. Che ne dite?
Figura 4 - Derivazione da una fotografia moderna forse di Mario Testino; la modella è probabilmente Gisele Bundchen